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Interviste Salute

Lavorare nella sanità durante l’epidemia – Intervista ad un operatore socio sanitario

 

Pubblichiamo un’intervista ad un lavoratore che, in pieno svolgimento della crisi di COVID-19, ha deciso di impegnarsi a tempo pieno come operatore socio sanitario. Le sue parole ci offrono uno sguardo dall’interno sulla gestione ospedaliera della crisi e sulle contraddizioni che si è portata dietro, tanto nei confronti dei pazienti quanto dei lavoratori e delle lavoratrici.

Che tipo di lavoro facevi prima del lockdown per il Covid-19?

Ho sempre avuto due professionalità, una culturale come bibliotecario, l’altra socio sanitaria (OSS). Fino al marzo 2020 dividevo il mio tempo lavoro in due part time: il primo appunto in biblioteca (presso l’Università degli Studi) il secondo come OSS per il progetto Logos dell’Ufficio Pio, che si occupa del reinserimento sociale di persone a fine pena. Entrambi i lavori sono esternalizzazioni, cioè non ho una rapporto diretto né con Università degli Studi né con Ufficio Pio. Nel primo lavoro per una grossa cooperativa che si occupa del settore culturale (biblioteche, musei, teatri etc.) e nel secondo per un’associazione torinese.

Che lavoro fai ora? Hai voglia di spiegarci cosa ti ha spinto a cambiare?

Attualmente faccio l’OSS a tempo pieno. Quando è scoppiato l’epidemia da Covid l’associazione per cui lavoravo per Ufficio Pio mi ha messo in cassa integrazione, mentre in biblioteca sono passato allo smart working. Ma non mi sentivo bene, chiuso in casa pensando a chi coraggiosamente stava affrontando la situazione e a tutti i malati. Così ho deciso di andare a lavorare in ospedale per portare concretamente il mio sostegno sia ai pazienti, sia al personale ospedaliero appunto.

Hai partecipato ad un bando o sei stato assunto tramite cooperativa?

Ho partecipato al bando straordinario per titoli ed esami della mia regione finanziato con i soldi della protezione civile per un contratto a tempo determinato di un anno e sono risultato essere il secondo in graduatoria. ll bando è stato indetto a metà marzo 2020.

Puoi dirci in che anno hai conseguito l’attestato OSS e se avevi mai svolto questa professione prima d’ora?

Ho conseguito l’attestato da OSS nel 2006 in seguito ad un corso professionale di riqualificazione mentre lavoravo in dormitorio. Prima del 2006 la professionalità oggi incarnata dagli OSS era suddivisa in una professionalità sociale (ADEST) ed una sanitaria (OTA). La qualifica da OSS segnò l’unione delle due figure professionali prima distinte. Con il titolo da OSS ho proseguito a lavorare nel sociale prima in dormitorio poi con il progetto LOGOS dell’Ufficio Pio, salvo per una breve parentesi lavorativa presso una RSA.

Riusciresti a stimare quanti, assunti come te, erano alla loro prima esperienza ospedaliera?

Insieme a me sono state assunte diverse persone praticamente alla prima esperienza lavorativa in generale, in quanto avevano appena terminato il loro percorso di formazione o in scienze infermieristiche o come OSS.

Quali mansioni prevede il tuo lavoro?

In ambito ospedaliero prevede l’assistenza diretta alla cura ed igiene del paziente, la mobilizzazione e la cura dell’alimentazione del paziente. Prevede anche il supporto al lavoro infermieristico e la cura dell’igiene del reparto con pulizie e preparazione dei disinfettanti, nonché il mantenimento dell’ordine e l’approvvigionamento del reparto

Al momento dell’assunzione ti è stata proposta qualche formazione specifica e/o aggiornamento? Se si, ti è stata utile? Se no, pensi sarebbe stata utile?

Si ho seguito un corso di due ore di formazione specifico sul Covid, che ha trattato sia gli aspetti della malattia e del virus (dove appare, come ti colpisce) sia una preparazione degli appositi DPI. Sono informazioni che mi sono tornate utili, ma va detto che le ore di corso non mi sono state pagate.

L’azienda sanitaria per cui stai lavorando riesce a garantire adeguati DPI (per quantità e qualità) a tutto il personale e, se previsto, ai pazienti?

Sulla carta certamente si, sia al personale sia ai pazienti. Purtroppo però in molti di questi DPI era assente la certificazione CE che certamente ci avrebbe confermato che quei materiali erano sicuri. Purtroppo così non è stato ed ora sono in corso diverse inchieste. La magistratura ha sequestrato una parte di questi materiali ad inizio giugno 2020, in quanto sono in corso inchieste giudiziarie

Hai avuto accesso a protocolli e procedure specifiche rispetto al lavoro nel reparto a cui eri destinato?

Si mi sono stati presentati durante la formazione di cui ti ho accennato prima. Gli stessi erano poi presenti e consultabili online cercando nel sito dell’azienda ospedaliera.

Durante lo svolgimento del tuo lavoro ti sentivi tutelato dal rischio contagio?

Come ti ho spiegato sulla carta si, ma la certezza, vista la mancanza delle certificazione, non ce l’avevamo mica. Va da sé poi che le procedure erano lunghe e complicate e che magari a volte io stesso o i colleghi per la stanchezza e/o lo stress a volte ci scordavamo un pezzo.

Hai adottato precauzioni ulteriori rispetto a quelle indicate dall’azienda?

Si, sia sul lavoro seguendo le indicazioni di personale più esperto di me, sia nel privato in quanto ho smesso di vivere con la mia compagna e mia figlia per tutto il periodo in cui sono stato impegnato nei reparti COVID 19, per non rischiare spiacevoli contagi.

Dopo questo periodo pensi che il lavoro di OSS sia essenziale? E perchè?

Si penso di si, in quanto l’ospedale è una struttura complessa, ognuno ha il suo ruolo, dal primario a chi si occupa della raccolta dei rifiuti speciali e, se manca un pezzo, collassa il sistema.

Ritieni che, per retribuzione e riconoscimento, il lavoro degli operatori sanitari sia valorizzato?

Credo proprio di no, ma quello del riconoscimento economico è una costante di tutti i settori lavorativi in Italia.

Hai avuto modo di collaborare con persone assunte tramite cooperativa o agenzia interinale? Se si sapresti dirci se ci sono delle differenze di inquadramento contrattuale e/o di mansione?

Si quando sono stato assunto molto del personale era in mutua perchè colpito anch’esso dalla malattia, perciò il reparto in cui ho iniziato a lavorare era in realtà formato dai “superstiti” di due distinti reparti. Uno di questi è un reparto completamente esternalizzato sia per la parte infermieristica sia per quanto riguarda gli OSS. Quest* lavorat* percepiscono quasi un terzo in meno di stipendio base degli assunti diretti dall’azienda. Le mansioni restano però le stesse. Come se non bastasse mi è capitato di conoscere uno dei pulitori, assunti anche loro in appalto con una cooperativa: loro guadagnano 600€ al mese per lavorare 8 ore al giorno a raccogliere anche i rifiuti tossici.

Hai voglia di raccontarci un episodio o una situazione che ti ha particolarmente colpito?

Era ancora aprile e il giorno dopo veniva dimessa una signora guarita dal Covid. Una signora sorda e costretta a letto tutto il giorno perché non più in grado di camminare, incapace ormai di pulirsi e nutrirsi da sola. Mi avvicinai per salutarla e le dissi una cosa banale e stupida del tipo “Visto che sei guarita?” e lei mi fissò con i suoi occhi stanchi, ma intensi e urlando mi fulminò dicendo: “No io non posso guarire, ho 93 anni e ne ho troppe, non tornerò mai più sana!”

Ricordi cos’hai pensato rispetto alla tua scelta dopo la prima settimana di lavoro?

Non mi sono mai pentito della scelta che ho fatto, non avrei potuto e non avrei mai accettato di non essere lì in ospedale ad affrontare in prima persona la situazione nata con il Covid. Visti da dentro però gli ospedali assumo un’altro aspetto. Per esempio dopo una settimana mi resi conto che i 31 degenti del reparto in cui lavoravo erano tutte persone che si erano presi la malattia all’interno dell’ospedale. Cioè erano tutte persone che erano entrate in ospedale per qualche tipo di cura (problemi al cuore, operazioni agli arti etc.) e si erano infettate di Covid 19 durante la loro degenza in ospedale.

Se ti è capitato di confrontarti con i tuoi colleghi, sapresti riportare il sentimento più comune rispetto all’essere un lavorare ospedaliero durante il Covid-19?

Aleggiava un insensato clima di tranquillità dovuto al fatto che nessun parente poteva entrare in reparto. Più volete e da persone diverse mi è stato ribadito il concetto che senza congiunti si lavora meglio.

Cosa pensi del Sistema Sanitario Nazionale? Se pensi ci siano delle criticità, come potrebbe migliorare secondo te?

Il sistema sanitario nazionale si è dimostrato fondamentale per la risoluzione del problema del Covid: è la nostra protezione collettiva per questo dobbiamo prendercene cura e difenderlo. In questo la criticità dell’ingresso del privato è evidente: oggi sia pubblico sia il privato funzionano per fare denaro e non per prendersi “cura” della società. Il privato andrebbe eliminato dal circuito del sistema sanitario: quando un malato si reca in un ospedale qualcuno non vede le malattie, ma solo il denaro che può portare nelle casse dell’azienda.