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Interviste Ristorazione

Mi sono immaginato questo scenario – Intervista ad un lavoratore nella ristorazione

Ad un mese e mezzo dall’entrata nella fase due della gestione della pandemia, il settore della ristorazione continua ad essere in profonda crisi. I proprietari stanno provando ad attrezzarsi per le riaperture, trasformando la tipologia del proprio locale o improvvisando estesi dehors nei divisori dei controviali. Nella pluralità dei tentativi di sopravvivenza economia si riscontrano due costanti: la diminuzione della clientela e i brutali tagli del personale. Come al solito, i frutti più amari della crisi spettano alle figure socialmente più fragili. Abbiamo fatto due chiacchiere con un ex lavoratore di questo settore, al momento disoccupato, che ci racconta le difficoltà incontrate dal locale presso cui lavorava a seguito del lockdown e della ripartenza, immaginandosi delle fosche prospettive per il suo settore.

 

– Ciao, dove lavoravi prima del lockdown? Com’è la tua situazione lavorativa ora?

Lavoravo in un ristorante pizzeria in Aurora, vicino Corso Regio parco, all’incirca sei ore al giorno. Il ristorante è  aperto da più di dieci anni. Entrambi i proprietari (una coppia) lavoravano con me in modo molto paritario, con loro c’era un rapporto molto bello: era gente che capiva le difficoltà e ti aiutava, hanno fatto di tutto per non licenziarci nonostante la situazione. Ho lavorato due settimane in nero, poi da fine febbraio mi hanno fatto il contratto per due mesi.
Ora il contratto è scaduto e sono disoccupato, ma già da prima del lockdown, quando si sentiva cosa stava succedendo in lombardia, la gente non andava nei ristoranti. Nel nostro verso fine febbraio c’è stata una diminuzione drastica di clientela: ci sono stati giorni in cui da 150 persone a pranzo, che era grossomodo l’affluenza normale, ne venivano una decina. Eravamo già sostanzialmente fermi, tant’è che ci è capitato di dover chiedere scherzosamente a un fornitore “Che sei venuto a fare?”.
Quando il lavoro stava calando i proprietari ci dicevano di prenderci le ferie. Dopo le prime settimane di lockdown vissute nell’incertezza, abbiamo chiesto la cassa integrazione, che non è ancora arrivata. Avrebbero voluto rifarmi il contratto, me l’hanno detto più volte, ma non hanno potuto fare altro che farlo scadere.
– La situazione economica quindi per te è emergenziale? Non hai ancora ricevuto sussidi?
Come ti dicevo, il mio contratto è partito da fine febbraio, dal 26, ed era della durata di due mesi. Dovrei avere quindi avere diritto alla cassa integrazione per marzo e aprile ma non ho ancora ricevuto niente. Ho quindi chiamato l’ufficio che gestiva tutti i buoni spesa a Torino: a quello che ho capito i soldi per i buoni spesa che sono arrivati erano troppi pochi e quindi possono garantirli solo ai residenti. Io fino ad ora non ho avuto aiuti di nessun tipo; per esempio a Parma, dove studia mia sorella che è residente in Sicilia, li hanno gestiti molto meglio i buoni.
Sono in una situazione piuttosto abbastanza disperata, ho preso solo 200 euro da fine febbraio ad ora – per il resto, mi hanno aiutato familiari per quanto potevano. Sono 3 mesi che non pago l’affitto né le utenze. Ma tutto sommato c’è chi sta peggio. Un mio collega, immigrato, ha avuto 350 euro fino ad ora, ma ha moglie e figli, non ci ha pagato manco l’affitto con quei soldi. Cerca di tirar su qualcosa chiedendo di lavoretti agli amici, magari pulisce le scale di un condominio o cose così. Comunque io credo che non stia pagando l’affitto, non ci sarà rientrato con le spese. 
D’altronde credo siano davvero tante perosne che non stanno pagando l’affitto, immagino che come me ci saranno tante altre persone. Il mio proprietario non ha voluto sentirne di diminuire l’affitto, anche se non sta facendo troppe storie per ricevere i soldi. Conte non ha fatto niente per le bollette; il rischio che mi stacchino la luce è molto alto. Immagino che come me ci saranno tante altre persone.
– Come ha gestito il lavoro durante il lockdown e la riapertura il ristorante?
Ci sono dei problemi ad utilizzare gli spazi del locale. Il ristorante si sviluppa su due piani, uno è interrato e non si può riaprire, c’è poco ricircolo. Poi ha un dehor di ferro che è troppo piccolo, non si può usare, con le attuali misure di distanziamento ci starebbero pochissime persone. Un’ipotesi ora potrebbe essere riaprire solo come pizzeria d’asporto, chiudere la cucina e le sale. 
Per ora hanno lavorato così, d’asporto. Solo un cameriere è tornato a lavorare, quello con contratto a tempo indeterminato che era molto tempo che lavorava lì, e dà una mano come può. Stanno cambiando tutti i ruoli, si sta provando a ripensare interamente la gestione del ristorante. Comunque sono rimasti aperti durante tutto il lockdown. Le consegne per ora se le dividono tra di loro; non si sono ancora affiliati ad una piattaforma di delivery ma credo che a un certo punto sarà inevitabile, se il mio collega cameriere non accetterà di andare lui a fare le consegne in macchina. 
Noi eravamo tutti con il contratto; in Sicilia, per esempio, nessuno ha il contratto. Il discorso è che già si sono persi tanti posti di lavoro: la gente non ci va più a mangiare fuori, al massimo si prende d’asporto.
– Come ti sembra, in generale, la situazione nel tuo settore?
Il discorso è che, al di la delle modalità di riapertura presenti e delle prospettive future, già si sono persi tanti posti di lavoro: la gente non ci va più a mangiare fuori, al massimo si prende d’asporto. Credo che molti locali, se non hanno già chiuso, chiuderanno. Come dice la mia ex datrice di lavoro, in questo momento c’è una lotta a chi sopravvive per ottenere, forse, qualche sussidio in futuro.
La ristorazione infatti non è stata calcolata dallo Stato: per esempio, nessuno in questo settore ha ancora ricevuto la cassa integrazione. Gli unici che hanno preso la cassa integrazione sono gli operai. Conte si è fatto due calcoli e ha dato aiuti a chi manda avanti l’Italia, che porta avanti la grossa economia. Secondo me la piccola economia è morente, il Covid l’ha uccisa. Passerà troppo tempo prima che l’Italia avrà i fondi e li distribuirà. Chi sopravvive riceverà degli aiuti. Intanto da un punto di vista di disoccupazione è un massacro.
Alcuni locali hanno provato questa formula lavorativa: mezza cassa mezzo lavoro, una settimana lavora un dipendente quella successiva l’altro, a rotazione. Per esempio in una pizzeria in piazza Castello dove lavorano due amici. Piazza Castello è un caso interessante perché non sta più lavorando: durante il lockdown le guardie non facevano proprio entrare in piazza, ora senza turisti è quasi vuota. Stanno cercando di cambiare completamente impostazione di locale, ti dico solo che da pizzeria di classe stanno iniziando a lavorare con le pizze surgelate.
Molte persone che erano venute a Torino per lavorare se ne stanno andando. Tra lavoratori siamo convinti che almeno l’estate sarà di disoccupazione, c’è poca clientela non si possono tenere tutte queste persone a lavorare. Ma anche al di là del mio settore, siamo sinceri, quante persone hai visto andare via da Torino in questo periodo? Io troppe. Anche in fabbrica, alcuni erano a casa perché non potevano rispettare le distanze di sicurezza. Torino si sta svuotando, non c’è più clientela. La maggior parte delle perosne che vengono a Torino vengono o a studiare o a cercare lavoro. Io mi sono immaginato questo scenario: tante attività, se non sono già chiuse, chiuderanno a breve.

– Com’è il rapporto con i tuoi ex colleghi e con i datori di lavoro?

I proprietari sono stati davvero disponibili: per tre settimane la proprietaria mi ha regalato la spesa perché, ovviamente, sapeva che non mi poteva pagare. Ci ha rispettati, ha tentato di aiutarci il più possibile. Tra tasse (hanno contratto fisso luce e gas) e affitto pagavano molto, il locale è troppo grande.
Tra colleghi non ci sentiamo tantissimo, io lavoravo lì da poco, anche se l’ambiente lavorativo era carino. Vedendo che io e un altro abbiamo già perso il lavoro anche gli altri colleghi si sono spaventati. Non so chi sia rientrato ora. Eravamo tutti uomini a parte la proprietaria; lei preferiva avere almeno una ragazza, anche se al momento non c’era.
Mi sto creando una rete tra conoscenze varie per trovare il lavoro: tengo contatti con tutti quelli che sento nella mia condizione o in una condizione simile, cerchiamo di coordinarci, per esempio con gruppi whatsapp. Per ora abbiamo creato una piccola rete, siamo in una decina di persone che cercano lavoro, qualunque esso sia; quindi se uno di noi lo trova dobbiamo far girare la voce a tuttx. Torino non sta dando lavoro: neanche le fabbriche per problema di distanziamento, tengono i vecchi e fanno fare turnazione.