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Interviste Ristorazione

Con chi ti incazzi?

Pubblichiamo un intervista ad una lavoratrice nel settore della ristorazione, che non lavora dall’inizio del lockdown.
D: In che zona di Torino vivi?
R: Vivo in zona Valdocco. Da circa un anno sono a Torino, da otto mesi lavoro nella ristorazione: facevo la barman a piazza Vittorio Emanuele e consegne per una pizzeria a Pozzo Strada.
D: Puoi racontarmi la tua situazione lavorativa?
R: Il locale in cui lavoravo era chiuso da un po’ perché normalmente è aperto sei mesi all’anno: a marzo dovevo riniziare a lavorare, e invece non è ripartito nulla. Da tre giorni, essendo sia un locale che fa cocktail che un ristorante, hanno iniziato a fare take away, credo più per una passione per il loro lavoro che per un reale guadagno, che immagino sia minimo. 
  Tutti i locali di piazza E.F. hanno fatto l’altro giorno una sorta di manifestazione, scendendo in piazza e facendo un cacerolazo, manifestando la grande difficoltà economica e chiedendo di poter riaprire. Il proprietario della pizzeria invece da un po’ fa post su FB dove dichiara di essere parecchio incasinato – ha tre figli da mantenere. L’altro giorno ha scritto sul gruppo WA di lavoro, dicendo che avrebbe provato a riaprire; tutt* ille mie* collegh* erano entusiasti e si sono dichiarat* disponibil*: nessun* infatti in quel momento lavorava. Sono andata un giorno a lavorare, poi ho visto i turni ed erano molto ridotti, e io non c’ero in nessuno. Non so se si lavori semplicemente di meno o se siano andati in negativo. A me, come a tanti altr, non ci hanno più chiamat*, le consegne le fanno principalmente il proprietario e il pizzaiolo. La pizzeria ha riaperto verso il 23 aprile.

  Data la situazione ho cercato lavori attualmente disponibili: sono principalmente di magazzino. Stavo per andare a lavorare da Amazon a Chivasso – non ero di certo felice ma tant’è. Non sono l’unica, a una mia amica le hanno fatto il colloquio, ha superato la prima selezione e doveva fare un corso on line. Alla fine invece non hanno più chiamato nessuno delle due. Non so, immagino ci sia molta domanda di lavoro.
D: Qual è la tua situazione economica al momento?
R: Se è vero che anche i proprietari sono in grande difficoltà, è chiaro che partono da una base economica diversa rispetto a noi stipendiat*, che generalmente siamo più giovani. Io se non lavoro non ho alcuna liquidità. Mi sono accordata con la proprietaria di casa per pagare tre mesi con la caparra, ora i prossimi mesi me li pagherà la mia ragazza.
  Riguardo alle mie prospettive di vita, il problema fondamentale è che non ho alcuna certezza. Per ora mi sono fatta dare dei soldi principalmente da amici, anche per fare la spesa. Io mi ero programmata i soldi per lavorare a maggio. A marzo stava per partirmi un lavoro, portare i cassoni della differenziata porta a porta. Si farà ma non si sa quando, mi auguro per luglio ma non sono sicura. Non avevo ancora il contratto ma eravamo d’accordo e puntavo tutto su quello. Insomma per me ora è difficilissimo fare programmi. Anche dovessi tornare a casa dai miei comunque non avrei i mezzi per vivere.
D: Hai beneficiato di qualche ammortizzatore sociale data la tua condizione?
R: Non ho ricevuto alcun sussidio pubblico. Voglio andare al CAF per richiedere se entro nei parametri di qualche sussidio, ho l’ISEE molto basso. Non ho controllato bene fin ora perhcé ho molto cinismo: penso ci siano sempre scappatoie per escludere la maggior parte delle persone. Penso che il problema più grande sia che non ho un contratto di lavoro: da quando sono qui ho fatto mille lavori e non ho mai avuto un contratto, a parte quando ho fatto la comparsa (contratto a chiamata). Per il resto, ho sempre lavorato in nero. Generalmente non me ne frega niente di essere a nero o meno, ora certo un po’ mi pento di essermene fregata.
D: Al di là dello stipendio, ti manca il tuo lavoro? Ti soddisfaceva?
R: Non sono troppo legata al mio lavoro: a me piace fare cinema e scrivere, e insomma la barman la faccio per campare, perché devo lavorare nel frattempo. Approccio il lavoro come un’esperienza personale che mi piace variare, anche se l’ambito della ristorazione è quello più immediato e che dà più libertà se vuoi studiare. Data la circostanza della quarantena mi mancha lavorare e mi manca quell’ambito, che comunque è dinamico e tutto sommato divertente. Certo io lavoro per i soldi, ma tutto sommato fare la barman non mi dispiaceva.
  Partendo da un certo menefreghismo nei confronti delle questioni di legalità di contratto, ora per me come per altra gente la questione ha assunto di certo una rilevanza maggiore avere il culo parato da un punto di vista legale. Questa situazione di emergenza mi ha portato a prestare attenzione alle garanzie contrattuali. Ma d’altra parte prima ero costretta a lavorare in nero, in quel settore è quasi inevitabile.
D: Qual è il rapporto tra colleg* in questo momento? E con i/le proprietar*?
R: Il rapporto con collegh* è sempre stato ottimo anche se solo lavorativo. Abbiamo dei gruppi WA ma al momento non ci sentiamo. Nel locale lavoro quasi solo con donne, per quanto riguarda le consegne invece l’ambiente è più misto. I datori di lavoro invece è come se cercassero di coinvolgerci, scrivono e lo vedo che cercano confronto. Non c’è conflitto e non imputo loro colpe, almeno non relative a questa situazione. Uno in particolare è molto paraculo, lo era già da prima, ma con noi ha comunque un buon rapporto. Ora chiaramente non si mettono a fare la carità ma non glielo chiedo di certo.
D: Cosa pensi della gestione della pandemia per quanto riguarda il tuo settore?
R: Credo siano stati commessi degli errori un po’ da parte di tutti, ma mi sembra comprensibile. Eravamo tutt* impreparat*, anche io, e la nostra coscienza del fenomeno è stata in costante divenire. La chiusura mi sembra sia stata inevitabile. Anzi direi che la fase due ha comportato fin troppe riaperture. Insomma la gestione pubblica si è svolta in modo modo poco coerente e hanno avuto una comunicazione contraddittoria, ma la chiusura mi sembra inevitabile. Ecco, il vero problema mi è sembrata l’incoerenza, riscontrabile per esempio nella decisione iniziale di tenere aperti i centri commerciali.
D: Quali prospettive politiche ti sembrano sensate in questo momento?
R: Mi sembra doveroso aumentare i sussidi per chiunque non può lavorare, anche per chi non aveva un contratto. Anche perché un conto è rimanere a casa due mesi, un conto fino a settembre. D’altra parte io credo che il problema sia radicale. Fosse per me, in generale, farei piazza pulita di tutto, sarebbe da riformare la testa della gente e spero che quest’evento abbia fatto qualcosa in questo senso, abbia risvegliato le coscienze dal sonno, rotto il meccanismo della quotidianità. Ma ne dubito. Tutte le affermazioni sulla possibilità di riflettere che “rimanere a casa” dà mi sembrano solo retoriche.
  La situazione è una merda, ma insomma, con chi ti incazzi? Anche prima era una merda. Non ho astio contro il miei datori di lavoro: un conto è il giudizio a livello umano, e non è che loro mi entusiasmino, però da un punto di vista lavorativo hanno un po’ le mani legate. Un sussidio però ecco quello sì, se non vogliono far andare fuori di testa la gente va dato.